Interviste Henjam in occasione della mostra al Castello del Catajo

Ci sono ancora alcuni giorni per visitare la mostra al castello del Catajo, che si concluderà il prossimo 11 maggio.
Non mancate l’occasione di vedere le opere Henjam in questa splendida cornice.
Se volete sapere cosa hanno detto la critica e gli artisti stessi di questa esposizione, qui di seguito trovate la presentazione delle opere di Alberto Festi e Matteo Tonelli da parte di Beunida Melissa Shani e le interviste rilasciate dagli artisti ai media locali e nazionali.

 

 

Matteo Tonelli negli studi di 7 Gold racconta l’esperienza Henjam e cosa significhi la teorizzazione di un’arte che prevede il lavorare assieme su una stessa opera.

 

 

Alberto Festi e Matteo Tonelli sono stati ospitati anche da Radio Venezia per presentare la loro esposizione al Castello del Catajo

Opere Patafisiche

di Matteo Tonelli (dal 1994)

Le opere patafisiche sono inizialmente state concepite per rappresentare le vicende letterarie dei personaggi dissennati di Alfred Jarry, commediografo e scrittore francese vissuto nella Parigi di fine ‘800, inventore della “scienza delle soluzioni immaginarie”.
La patafisica è una sorta di sub-filosofia totalmente dissociata da supposizioni razionali dove non conta il contesto generale con le sue regole comuni ma il particolare con le sue eccezioni.
Secondo Jarry l’essere umano vive nella tensione continua e nello sforzo di mettere ordine in un universo che è in realtà irrazionale e privo di significato.
Questa breve introduzione molto sintetica credo sia necessaria per accedere con il giusto spirito a questi lavori definiti per l’appunto patafisici, eseguiti senza una precisa collocazione temporale ma in momenti particolari, dove la mente riesce a svincolarsi da schemi intellettuali e formali e viaggia libera nel mondo delle indefinite possibilità.
Dopo Le strampalate vicende del padre Ubu e del dott Faustroll, si sono aggregati in questa poetica narrativa altri lavori quasi sempre suggeriti da suggestioni letterarie: opere patafisiche sono infatti il Don Chisciotte o il Pinocchio ma anche Der Onkel che non ha in realtà alcun referente letterario.
Mi è successo a volte di iniziare un lavoro pensando di essere in un momento di grazia patafisica ma ho dovuto interromperlo perché la sensazione era sbagliata e il dipinto si trasformava in un guazzabuglio di segni senza significato. Le opere patafisiche sono infatti solo apparentemente governate da un disordine compositivo, ma in realtà sono la proiezione di un orizzonte mentale al di là della logica.
Vietato barare: non basta chiudere gli occhi, bisogna mandare in apnea la razionalità. Il lavoro patafisico non nasce infatti dal nulla, ma è l’ultimo tratto di un percorso che non può essere determinato a priori.
E’ una grande conquista di libertà e una sorta di autoanalisi portata a termine con successo l’ultimazione di un’opera patafisica, che può impiegare poche ore o anni.
Certo è facile comprendere che nutro un sentimento di particolare affetto per questi lavori perché rappresentano per me una sorta di radiografia dell’inconscio.

 

Aranciazione

Dedicare giornate di lavoro minuzioso alla realizzazione di un dipinto ad olio perché poi sia violato in pochi istanti con dello smalto… arancione per giunta.
La spiegazione è semplice quanto disarmante. La nostra percezione di bellezza è talmente avariata da provare quasi disagio davanti ad una situazione di ordine naturale delle cose e così un paesaggio innevato dopo il primo istante di stupore per la sua immacolata bellezza ci relega in uno stato di desolazione che cerchiamo quanto prima di colmare con qualche forma di artificio.
E la neve da silenzio immacolato diventa luna park del divertimento ennesimo baluardo violato dalla nostra onnivora ingordigia di sensazioni.

Tempesta

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Tavole anatomiche

E’ un corto circuito generato dalla nostra percezione visiva quello che ho voluto creare con questo insolito fotomontaggio.
Scampoli ingranditi del mio stesso corpo diventano, all’interno della sua silhouette, abnormi deformazioni e creano una sorta di percezione pornografica della disfunzione.
L’intento è quello di creare uno sconcerto assoluto rispetto a dei corpi apparentemente osceni.
Il dorso della mano, l’interstizio tra le dita, un ritaglio di pelle, una piega, un’imperfezione sono tutti dettagli che diventano altrettante deformità: un cuore che pulsa esterno al corpo, un profondo solco che taglia l’intero dorso come una gigantesca cicatrice o una cavità deforme che divora il petto.
Il mio corpo al microscopio può essere paradossale, la relatività della percezione disorienta, ciò che di solito nella sua banalità non viene notato diventa qui mostruoso.

 

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